Alla scoperta di Malaga
Quando atterriamo a Malaga, la prima cosa di cui mi rendo conto è che tanti italiani ancora applaudono il pilota se fa atterrare l’aereo senza schiantarsi. Non che non gli sia grato anche io, ma forse sarebbe ora di perdere questa abitudine.
È quando attraverso il portellone e scendo sulla pista rovente che realizzo a cosa vado davvero incontro.
Caldo. Una cappa di umidità che ti sembra di inghiottire acqua tiepida ogni volta che respiri, e che ti fa attaccare la camicia alla pelle nel giro di dieci secondi. Sono sudato prima ancora di entrare in aeroporto e inizio già a preoccuparmi di come sarà il resto della mia vacanza a Malaga.
La Spagna, e soprattutto l’Andalusia, non sono certo rinomate per le temperature fresche, dopotutto. Non mi aspettavo questo caldo, però, sebbene effettivamente siamo a luglio.
Prima di decidere la mia meta per le ferie di quest’anno mi sono informato con gli amici, ma ho anche chiesto al Web. Volevo tornare nella penisola iberica, ma non sapevo cosa andare a vedere di preciso. Con poco più di sei giorni effettivi a disposizione alla fine la scelta era caduta su Malaga e Siviglia. Arrivo nella prima città il sabato mattina, spostamento in treno verso Siviglia il mercoledì mattina e ritorno il venerdì pomeriggio. Tutto per incastrare tempi stretti e finanze risicate.
Sono con la mia ragazza: lei parla lo spagnolo abbastanza bene, mentre io non saprei spiccicar parola a parte per chiedere patatas bravas, una cerveza e la cuenta. Siamo comunque ben organizzati e non abbiamo paura di niente.
È per questo che abbiamo prenotato tramite Booking un appartamento con cucina non lontano dal centro, ma molto lontano dall’aeroporto. È sempre per questo che decidiamo di prendere prima il treno e poi la metro per farci portare a quella che sembra poca distanza dalla nostra destinazione, in modo di farcela poi a piedi fino alla casa.
Peccato che due chilometri e mezzo a piedi, con zaini e trolley, senza acqua e con trentacinque gradi all’ombra (e ombra non ce n’è dove passiamo noi: grazie Google Maps) non siano uno scherzo. Io mi ricordo che questa sia stata una scelta condivisa, fatta apposta per risparmiare i soldi del taxi, ma mi sarei sentito rinfacciare la cosa per i successivi sei mesi, quindi forse sbaglio a ricordare.
In ogni caso, dopo aver bestemmiato contro il caldo, contro le imprecisioni di Google Maps e contro l’intero Olimpo greco, giungiamo a quella che dovrebbe essere la destinazione, dove dovrebbe aspettarci il nostro host per accoglierci.
Host che invece ovviamente non c’è.
Dopo aver ringraziato la batteria del telefono ancora viva e il roaming non più a pagamento, riusciamo a contattarlo e a chiedergli di raggiungerci. Un quarto d’ora dopo vediamo arrivare un tipo in infradito, pantaloncini e maglietta unta a cavallo di uno scooter. È proprio lui il nostro host.
Nonostante il ritardo iniziale e la prima impressione non proprio meravigliosa, Carlos si rivela gentile e disponibile a condividere informazioni interessanti per renderci il viaggio più particolare. Ci consiglia su dove andare a fare la spesa, ci parla dei luoghi d’interesse e ci svela dove andare a mangiare davvero bene ed evitare le trappole per turisti.
Soprattutto se vogliamo mangiare pesce, Carlos ci parla della spiaggia di Pedregalejo e del lungomare. Se tutto il resto di Malaga è percorribile a piedi (e noi ci proveremo, ma arrendendoci a prendere qualche bus dopo il primo giorno e i primi trenta chilometri), questo litorale invece non è così facilmente raggiungibile.
Le opzioni che rimangono sono:
– Bus (e lui ci spiega accuratamente che linea prendere e che tipo di biglietto)
– Taxi
– Bici a noleggio
– Monopattino elettrico a noleggio
Finiremo per girare tutto il tempo a piedi e in bus. Per le bici il discorso è complicato dalla burocrazia che si nasconde dietro al semplice fatto di voler prendere un mezzo che è sotto la responsabilità del comune, mentre per i monopattini è anche peggio:
1) Questo mezzo, mai visto in Italia prima, e che solo dopo scopriremo essere usato in alcune città anche da noi e nel resto del mondo, qui è in fase di esplosione. Tutti quelli che non girano in auto o in bus, girano in monopattino. E intendo tutti.
2) Il traffico in mezzo a cui questi affari saettano mi fa dubitare della sicurezza di chi li guida, anche perché il mood generale è realmente quello di saettare in mezzo alle auto, schivando pedoni e i pochi ciclisti rimasti, saltando su e giù dai marciapiedi. E poi, non appena finisce la carica o il tempo per cui sono stati noleggiati, l’abitudine è anche quella di mollarli ovunque capita.
3) Non è un mezzo comunale, ma ci sono tanti diversi monopattini gestiti da tante diverse compagnie, ognuna delle quali richiede l’installazione di un’app sullo smartphone, l’inserimento di dati personali e di quelli della carta di credito, e di fidarsi, visto che nessuna di quelle app ti spiega le tariffe o il chilometraggio permesso o come funziona il tutto.
Noi siamo veneti, fidarsi della gente ci viene male, per cui l’avventura dei monopattini per noi finisce prima ancora di cominciare.
In ogni caso, tornando al presente, scopriamo che l’appartamento merita davvero: spazioso, con salotto e cucina, grande camera da letto e bagno pulito e ben fornito. Ci procuriamo un po’ di roba da un vicino supermercato, ci laviamo, ci appisoliamo dieci minuti e poi siamo pronti per andare a cena.
Tra tapas e churros
Non avendo la minima idea di cosa fare e dove mangiare e quali posti siano i migliori di Malaga ci siamo appunto fatti consigliare dall’host, ma per quella sera tutti i ristoranti che ci ha suggerito sono troppo lontani. Decidiamo quindi di affidarci al Fato e andiamo in una delle piazze principali, vicino al Museo di Picasso. Lì c’è letteralmente un intero lato della piazza in cui si susseguono ristoranti uno dietro l’altro.
Nell’ottica di evitare le famose trappole da turisti li esaminiamo tutti, poi cambiamo piazza, ne troviamo altri, esaminiamo anche quelli. Sono tipo le 11 di sera, ma è tutto pieno di gente che mangia e beve. Proviamo a sederci sui tavoli esterni di uno che ci ispira, ma a quanto pare un raduno di tabagisti sta avendo luogo proprio a due tavoli di distanza da noi e per questo decidiamo di levare le tende.
E torniamo al primo posto che abbiamo visto in assoluto, confidando in bene e in tutti gli dei della gastronomia (spoiler: ci andrà così bene che quello e il ristorante a Pedregalejo rimarranno i nostri preferiti di tutta la città.)
Mangiamo tapas, e ne mangiamo di particolari, anche con polipo e con carne di vitello. Poi mangiamo paella (anche se non sarebbe proprio tipica) e poi salutiamo, che per il dessert ho in mente qualcosa di particolare. È da quando siamo scesi dall’aereo che voglio mangiarmi il gelato, e nello specifico voglio provare il gusto Malaga, per ovvie ragioni. Nella mia mente, questo gusto ha la precedenza su tutto: voglio provare qualcosa di tipico in ogni posto che visito, per cui qui cosa ci potrebbe essere di più tipico? E poi è come la pizza: mangiarla a Napoli è tutta un’altra cosa rispetto a mangiarla in tutto il resto del mondo, no?
Il mio dessert di oggi è quindi già programmato da un pezzo, e così lo sarà per le prossime giornate che passeremo qui. E ogni volta il gusto Malaga sarà esattamente come avrei potuto mangiarmelo in Italia, anzi a volte anche peggio. La mia delusione sarà mitigata solo dalla grandezza enorme dei gelati e da un altro dessert, che invece mi accompagnerà con gusto da Malaga a Siviglia.
I churros.
In ogni posto in cui li mangerò saranno diversi, ma in ogni posto saranno sempre un dessert o una merenda di vero godimento. Fatti a mano, fatti in serie, con cioccolato, con crema, ripieni. Le variazioni sono infinite, ma una più goduriosa dell’altra.
Che poi siano un trionfo dell’olio fritto e della glicemia a livelli assolutamente insalubri è un altro discorso, ma di sicuro sono stati uno dei piatti che mi sono sbafato con più felicità durante tutta la mia permanenza in Spagna.
Sulle note quindi di una delusione culinaria come quella del gelato gusto Malaga mangiato a Malaga, ce ne andiamo a dormire, per trovarci pronti ad una nuova giornata.
A piedi, sotto il sole
Il giorno successivo è domenica, ma ci svegliamo comunque relativamente presto. Non ricordiamo che siamo in Spagna e che quindi qualsiasi cosa qui apre dopo le dieci. Abbiamo però un fitto piano di cose da fare e posti da visitare e, siccome sono uno attaccato all’altro, abbiamo deciso che gireremo sempre a piedi.
È così che arriviamo a fine giornata con trenta chilometri sul groppone e avendo però così smaltito tutti i churros e i gelati che ci siamo sbafati in giro per la città.
Immaginando (giustamente, scopriremo) che le spiagge di domenica siano affollate, decidiamo infatti di passarla a vedere la città, mentre le giornate successive ci faremo la mattina in giro e il pomeriggio al mare.
Ovviamente ciò che succede è che quella è la domenica più calda del secolo e noi rischiamo almeno sette colpi di calore, prima che la temperatura torni ad un livello accettabile, e cioè poco sopra ai trenta gradi. Nonostante questo però non ci arrendiamo, e visitiamo tutto quello che c’è da visitare di più importante: l’Alcazaba, il Teatro Romano, il Castello di Gibralfaro.
Come facciamo in ogni viaggio è però Malaga stessa che diventa il nostro campo da giochi, e noi la giriamo, vediamo, esploriamo, per capirla in tutte le sue sfaccettature. Vediamo come la Storia affianca il turismo, come l’architettura e l’arte vanno di pari passo con il divertimento e il commercio. Allo stesso tempo vediamo però come quello che è presente qui, è un turismo prettamente spagnolo. Questo rende il sapore della città unico, diversamente da quello che in parte riscopriremo poi a Siviglia, dove vige il turismo internazionale e consumista che rende così tante città del mondo l’una uguale all’altra.
Una delle parti più belle di Malaga è Pedregalejo, come ci aveva anticipato il nostro host. Non tanto per il quartiere in sé, quanto per il lungomare, lungo e bellissimo e affollato di un ristorante migliore dell’altro. È qui che, il secondo giorno, facciamo la cena migliore dell’intera vacanza, gustando diversi piatti a base di pesce. Anche questa volta il dessert non lo prendiamo in ristorante, ma ce lo riserviamo per dopo.
Per il fine serata torniamo infatti verso la zona più centrale di Malaga, sul suo lungomare principale. Se Pedregalejo è l’emblema della buona cucina e di bellissimi panorami, qui invece siamo nella sua versione più commerciale. Attraccate di fronte al molo ci sono molte barche e yacht, oltre ad una nave di Greenpeace che però se ne sta un po’ in disparte. Sul molo e sulle zone attorno si tengono spesso mercatini di vestiti, quadri, souvenir e chincaglierie varie. Il lungomare vero e proprio è poi costellato di negozi di diverse categorie e brand, oltre che di fast food e gelaterie.
È qui che veniamo a mangiare il gelato, e io a prendermi la mia seconda delusione col gusto Malaga. Non che non sia buono, ma non è speciale o diverso come me lo aspetterei. Restiamo a gustarci l’aria di mare finché non diventa troppo fresco per restare fuori in t-shirt, poi ritorniamo all’appartamento.
A piedi.
È così che capiamo che finire la giornata al lungomare e tornare poi sulle proprie gambe non conviene. Anche se oggi abbiamo fatto solo la mattinata in giro e il pomeriggio in spiaggia, farsi tre chilometri a piedi dopo una giornata del genere, non è comunque il top.
L’ultimo giorno rimarremo più vicini al centro e all’appartamento per la serata, riservando il lungomare e i mercatini alla mattina, prima di andare al mare per l’ultima volta il pomeriggio. Mare che, nonostante siamo al sud della Spagna, ho scoperto fin da subito essere gelido come il male. Questo, appena dopo aver scoperto la quantità abnorme di conchiglie spezzate che compongono la spiaggia e il loro effetto sui miei piedi nudi.
Io, nato per le temperature tropicali, entro nell’acqua una volta per puro principio e avanzo fino ad arrivare con l’acqua al ginocchio. Poi mi volto e non ci metto più piede per tutto il resto della vacanza.
Il condimento non è un optional
Mi accorgo ora di non aver parlato dei pranzi. Questo merita un capitolo a parte, perché, di base, noi siamo abbastanza salutisti, quando NON siamo in vacanza. In ferie invece ce ne sbattiamo altamente di tutto e tutti e mangiamo come dei piccoli criceti con nessuna prospettiva oltre il prossimo pasto. Il lato salutista della nostra anima però spunta fuori quand’è il momento dei pranzi, e così succede anche qui in Spagna. Ecco quindi che cerchiamo di conciliare il fatto di essere in giro per la città a visitare, vedere, fare e quindi non volersi mai fermare, con la necessità di nutrirsi per non svenire. Il compromesso subito successivo è quello di nutrirsi “bene” per sentirsi meno in colpa alla sera, quando ingurgiteremo l’equivalente del fabbisogno calorico di un rinoceronte.
È qui che entrano in gioco panini che contengono verdure, giri di tapas più leggere, ma in particolare le insalate pronte del supermercato. Perché spendere soldi per il pranzo, quando puoi trovare una di quelle meravigliose insalate pronte da mangiare al volo, tra un monumento e l’altro, oppure subito prima di schiantarti sulla sdraio?
La scelta è ovvia e ci troviamo così a mangiare le nostre insalatine nel parco vicino alla spiaggia per due giorni di seguito. I conti erano anche giusti, peccato che i piatti pronti del supermercato non siano così leggeri. Come scopriremo anche il terzo giorno, quando proveremo invece a mangiare un’insalatona in un fast food, il problema non sono (solo) gli ingredienti, ma le salse.
A quanto pare un’insalata in Spagna presuppone che ci sia sempre qualcos’altro oltre alla verdura per dare un po’ di corpo al piatto, e che poi ci sia anche una bella vagonata di salsa. Non so come sia possibile, ma dopo una mattinata a camminare e girare, il solo mangiarmi qualche foglia di rucola mischiata a pochi crostini, qualche pezzettino di formaggio e quella famosa salsa, basta a saziarmi abbondantemente. Forse c’entra anche la pastina che prendiamo sempre come dessert.
O la colazione a base di brioche.
O la merenda a base di churros.
Mah.
Arriviamo in ogni caso alla fine della nostra permanenza a Malaga felici di aver girato come dei dannati perché siamo riusciti a vedere gran parte della città e goderci anche la spiaggia e il sole. Personalmente ho recuperato mesi di sonno persi per colpa del lavoro e fatto una carica di vitamina D per cui dovrei essere a posto almeno fino all’anno prossimo.
La mattina del mercoledì siamo quindi un po’ tristi, ma anche molto curiosi della nostra prossima meta. Prendiamo il treno e in due ore raggiungiamo comodamente Siviglia. Avevamo il dubbio, inizialmente, se usare questo mezzo o noleggiare un’auto, ma la scelta si rivela azzeccata vista la facilità e velocità dello spostamento.
Ma di Siviglia parleremo nel prossimo articolo, dove scopriremo se i churros sono più o meno buoni che a Malaga e se le insalate sono più o meno leggere.
Scritto da Angelo Callegarin
Appassionato di viaggi e di ambiente, di libri e di film. Da piccolo sognavo di diventare come Batman o James Bond, poi ho scoperto di essere più simile a Peter Quill. Adesso provo solo a essere la versione migliore di me stesso…e non sempre ci riesco.