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Nuove prospettive: riflessioni indotte dalla pandemia

Le mie considerazioni

Volentə o nolentə, tuttə noi abbiamo fatto i conti con le conseguenze che l’emergenza Covid-19 ha portato con sè. Abbiamo sofferto in misura diversa e ne porteremo gli strascichi ancora per molto tempo. Io nel mio piccolo ho avuto modo di riflettere molto e alcune cose si sono palesate più volte e con insistenza nella mia mente, tanto che ho sentito il bisogno di scriverle nero su bianco.

Si può mostrare vicinanza anche se fisicamente distanti

campanule

Mai come adesso è diventato evidente come la lontananza fisica non sia sinonimo di distanza emotiva. Certo, una videochat non ha la stessa valenza di un abbraccio, ma ci sono molti modi per dimostrare la propria vicinanza a chi ci è caro e in generale a chi ha bisogno di conforto. La frase “Come stai?” ha acquisito un nuovo significato, lontano dal convenevole a cui era più comodo rispondere “Tutto bene, e tu?”.

Forse per la prima volta mi sono sentita libera di rispondere “così così”, “non bene” e “sto male” non solo aglə amicə, ma anche ai conoscentə. Allo stesso modo alcune volte mi sono sentita rispondere daglə altrə che stavano male anche loro, che era dura anche per loro.

In questa situazione fuori dal normale l’unico modo per far sentire aglə altrə che gli sei vicinə è mostrare empatia. Non possiamo dare per scontato che stiamo tuttə vivendo allo stesso modo questo periodo. C’è chi ha perso qualcunə. C’è chi ha paura. C’è chi non dorme la notte. C’è chi mette in discussione tutte le sue scelte. C’è chi è paralizzatə. C’è chi è incazzatə. C’è chi tutto sommato sta bene. C’è anche chi se ne sbatte. C’è chi è da solə. C’è chi è in compagnia. C’è chi non lavora più. C’è chi lavora più di prima.

Solo empatizzando con glə altrə possiamo entrare in connessione con loro, anche se solo via wireless.

E non dobbiamo rinunciare all’empatia a emergenza finita: ricordiamoci di come ci ha fatto bene esercitarla adesso, continuiamo a farlo.

Amicizia e affetti: l’importante è esserci

Esserci o non esserci: niente di più semplice, ma allo stesso tempo niente di più difficile. Su questo punto ammetto di aver sempre avuto due belle fette di prosciutto sugli occhi. Tuttə noi ci raccontiamo delle cose che non corrispondono alla verità. Io ad esempio mi sono sempre raccontata che un’amicizia, per essere vera, deve essere consolidata da anni di reciprocità, confidenze, vicissitudini, confessioni con il cuore sanguinante in mano, una buona dose di drammi e giuramenti. Beh, ho scoperto che non è necessariamente così (ma va?).

Sia chiaro, continuo a essere dell’idea che non mi interessa essere amica di tuttə e non mi interessa piacere a tuttə. Il buonismo e l’ipocrisia non mi appartengono, e l’orgoglio cerco (faticosamente) di metterlo il più possibile da parte.

L’amicizia è come una piantina da curare, ma da entrambe le parti: se manca la reciprocità diventa un rapporto di dipendenza e a senso unico. E finalmente l’ho capito e forse accettato. Lasciare andare ciò che non è più e accogliere invece ciò che è germogliato.

Ovviamente anche le amicizie hanno i loro momenti morti, il punto non è sentirsi tutti i giorni, ma far sapere all’altrə che ci sei.

In questo periodo, anche nei momenti critici, ho cercato di tendere la mia mano e altrə l’hanno tesa a me. Questo affetto traboccante, la comprensione, la compassione, il “ti voglio bene punto e basta” mi hanno aiutata ad andare avanti e a mia volta a non mollare la presa con chi era in difficoltà. E vorrei non dimenticare questo impegno, anche quando la mia vita tornerà a essere frenetica e senza pause.

Il mio benessere viene prima di tutto…

…perché da esso dipende il mio rapporto con il prossimo. Questa frase può sembrare in contrasto con quanto ho detto poco fa, invece vi assicuro che non lo è. Il sano egoismo di pensare a noi stessə e ai nostri bisogni ci mette nelle condizioni di stare bene (o meglio) e di essere quindi di utilità per glə altrə.

Per moltə di noi questa emergenza è servita a riordinare la lista delle priorità. Ci è stato dato del tempo per stare con noi stessə, per sentire i nostri bisogni ed emozioni a uno stato più profondo. La routine presto o tardi ci risucchierà ancora più esigente di prima, ché bisogna ripartire, e in fretta.

Tuttavia una cosa voglio tenerla bene a mente.

Valeria

Se io sto male e non faccio niente per stare meglio, non potrò aiutare qualcun altrə a stare meglio. Non potrò svolgere bene il mio lavoro. Non potrò essere una buona amica, compagna, figlia, nipote, collega, chicchessia.

Se io mi prendo cura di me stessa, di riflesso sarò in grado di prendermi cura di tutto il resto. E i periodi in cui ho messo da parte me stessa sono quelli in cui mi sono quasi persa, quelli in cui anche quello che mi circondava mi sembrava sfuggente. Ci vuole coraggio e avrete sempre delle pressioni che vi diranno di mettere qualcos’altro o qualcun altrə al primo posto. Se sacrificate voi stessə non solo starete male voi, ma ne risentirà ogni aspetto della vostra vita. Imparate a volervi bene davvero, io ci sto provando.

La bellezza ci salverà

Azalea giapponese

 

Il Bello è negli occhi di chi lo contempla.”. Non voglio iniziare una dissertazione filosofica sull’estetismo, non ne sarei in grado.

Negli ultimi mesi ho imparato l’importanza di cercare il bello e mi ci sono aggrappata saldamente. In mezzo alla disperazione, all’incertezza, alla paura, al dolore, ci sono tanti piccoli appigli che ci permettono ancora di commuoverci, di provare speranza e di respirare.

Un fiore, un campo di grano, uno scoiattolo. Un piatto della tua infanzia, una brioche, la frase di un libro. Un regalo inaspettato, una parola gentile, un ricordo felice.

Cercate la bellezza fuori di voi se dentro vi sentite morire. Se state per crollare, se siete piegatə in due dal dolore, se siete paralizzatə dalla paura, alzate la testa e cercate qualcosa che possa ridarvi speranza. Quel qualcosa che vi possa far emergere dall’apnea. Respirate.

L’altro giorno ho visto un campo di grano e papaveri e mi sono commossa, manco fossi sotto ai ciliegi in Giappone. Un amico mi ha saggiamente detto che ero nel Qui e Ora.

Non potete proiettarvi nel futuro, è troppo incerto. Accogliete tutto quello che state provando e pensando in questo momento, non c’è giusto o sbagliato. Accettatelo. È l’unico modo per ripartire.

L’emergenza ha rivelato la vera essenza delle persone

Ho letto che in momenti come questo è importante non prendere decisioni esistenziali, perché il nostro giudizio è offuscato. Inoltre siamo in uno stato di emergenza tale che le reazioni altrui sono imprevedibili e spesso dettate dall’ansia, dalla paura e da mille altri fattori che magari ignoriamo.

Però è anche vero che proprio in momenti come questo emerge la vera essenza delle persone. Proprio perché ci stiamo misurando con la vita e la morte certe opinioni per me sono semplicemente inaccettabili e si scontrano con il mio intero sistema di valori. E mi è difficile portare avanti un rapporto con qualcuno che la pensa così diversamente da me.

Forse peccherò di presunzione? Non mi interessa. Non dopo aver visto soffrire chi amo. Non sono stata direttamente travolta dalla tempesta, ma qualcun altro sì. Ogni vita vale.

Non penso che il mio modo di pensare sia giusto e quello di chi la pensa diversamente per forza sbagliato in termini assoluti, ma mi riservo la decisione di non frequentare chi pensa che le vite altrui non valgono, così come normalmente mi tengo lontana da persone omofobe, razziste e quant’altro.

Coscienza sociale e libertà dell’individuo

L’ultima cosa che mi sento di condividere oggi è un’ammissione di ignoranza.

Ci sono stati momenti durante il lockdown in cui mi sembrava perfettamente sensato quello che stava succedendo: le limitazioni delle nostre libertà, gli atteggiamenti inquisitori da parte delle forze dell’ordine e di cittadinə comunə, le polemiche scatenate daə runner o daglə over 65 sempre in giro. Il “se lo facessero tuttə”, la paura di non vedere riconosciuto come “caso di necessità” una necessità vera.

Persino il caso cinese con l’esercito che blinda le città mi sembrava corretto, perché “a mali estremi estremi rimedi”.

Poi ho iniziato a informarmi, ho visto dei contenuti che mettevano in discussione gli atteggiamenti paternalistici, lo sceriffato, questa vena punitiva e quasi sadica che ciascunə di noi ha bene o male acquisito. Non voglio dirvi cosa pensare, ognuno di noi ha delle profonde convinzioni su quanto è successo o comunque prima o poi le avrà.

Sicuramente ci sono stati degli eccessi da entrambe le parti, sicuramente ce ne saranno ancora. Quello che mi preme condividere è la necessità di andare oltre. Oltre le bufale, oltre le schermaglie politiche, oltre l’odio, oltre l’apparenza.

Approfondite, verificate, mettetevi in discussione. Io l’ho fatto anche grazie ai contenuti condivisi da Michela Murgia, Francesca Anelli e molti altri.

La vostra opinione appartiene solo a voi, ma fate lo sforzo di formarla attraverso vari punti di vista, non accontentatevi di condividere i contenuti di qualcuno solo perché vi rispecchiate in parte. Scegliamo la strada meno facile. Io non credo di essere “arrivata”, ma ammettere di aver travisato completamente degli avvenimenti mi permette di continuare a cercare, indagare.

 

Adesso ditemi voi: cosa vi ha lasciato questo periodo? Come lo state vivendo?

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Questo articolo ha 3 commenti.

  1. Vash

    Un post molto profondo il tuo, frutto di un periodo, quello che stiamo passando, vissuto sulla propria pelle e nella propria anima.
    Il “Qui ed ora” è un qualcosa che troppo spesso e troppo facilmente ci si lascia sfuggire in un mondo dove distrazioni futili portano il fulcro della nostra ormai non concentrazione al di fuori di noi stessi e dell’attimo che stiamo vivendo.
    Il rifiuto al confronto con le persone che non la pensano come noi e con ciò che non accettiamo, può nascondere a volte la paura di andare oltre, di vedere ciò che non vogliamo vedere. Il disaccordo può aiutarci a notare ciò che sta al di fuori della gabbia del nostro bias cognitivo, permettendoci di osservare i diversi lati dello stesso poliedro. Privarsi del confronto, è privarsi di un’occasione per integrare le nostre visioni e non aiuta a portarci verso quel perpetuo stato di dubbio che socraticamente ci sprona a diventare migliori e curare la nostra anima.
    Questo lo dico, perché ho trovato il grande spirito di crescita interiore e capacità di riflessione colti nell’ultima parte del post, in contrasto con la parte appena precedente in cui sembri chiuderti all’altro, al diverso.
    La mia stima per aver pubblicato riflessioni piuttosto intime, guadagnate probabilmente con fatica e sofferenza ed averle messe al servizio di tutti.

    1. golosiitineranti

      Ciao Vash, grazie del tuo commento. L’articolo è frutto di una riflessione maturata sottopelle in questo ultimo periodo, ho buttato giù tutto quello che sentivo di voler / dover comunicare.
      Hai ragione, la parte di apparente chiusura sembra in contrasto con tutto il resto, è stata la parte più difficile da scrivere perché inevitabilmente causerà dei cambiamenti nei miei rapporti personali.
      Concordo sull’utilità che deriva dal confronto con chi la pensa diversamente da noi, ma resterà un semplice confronto, alla fine gli amici ce li scegliamo anche sulla base di un modo di vedere affine. Per me in questo momento sentire frasi come “è solo un’influenza” “questo trambusto solo per pochi morti” “prima l’economia” “la mascherina non la porto” e via dicendo equivale a una violenza verbale. Io in questo momento la percepisco così, esattamente come percepisco violenti i discorsi maschilisti. Qui non stiamo parlando di due opinioni diverse ma tutto sommato conciliabili, ma di due opinioni opposte e ahimè inconciliabili. Esistono delle aree grigie? Non lo escludo.
      Credo che quanto successo ci porterà tutti a rivalutare le nostre scelte personali, proprio perché siamo stati costretti a vivere il famoso Qui e Ora che era stato inghiottito dalla frenesia di tutti i giorni.
      Tu pensi di uscire cambiato da questo tunnel? Se sì, cosa è cambiato?

      1. Vash

        Grazie per la tua risposta Valeria.
        Non saprei rispondere a questa domanda, io mi sento ancora nel mentre, in fase di elaborazione interiore. Sono propenso a pensare che siamo solamente all’inizio di un lungo percorso, un po’ perché lì fuori con ogni probabilità non sarà più come prima ed un po’, perché il vissuto di questi avvenimenti non verrà più cancellato dalla mia mente e dal mio sentire. Fin’ora, posso dire che più che aver fatto dei cambiamenti, ho rafforzato delle opinioni e consapevolezze che già erano in me. Cose del mondo esterno, a cui credevo e che ritenevo possibili “un giorno”, le ho viste palesarsi davanti ai miei occhi, molto prima di ciò che mi aspettassi. Ciò per un verso mi ha reso più sicuro delle mie idee trovando riscontri e risposte, ma al contempo mi ha colpito nel profondo. La “sessantena” mi ha dato il tempo che prima non avevo, ho avuto tempo di leggere, di confrontarmi più approfonditamente con persone con cui amavo parlare, aperte a visioni non conformi ed è stata un’opportunità che difficilmente avrei potuto cogliere in tempi antecedenti al Covid. Ho ritrovato conferma più che mai, che la solitudine è una cosa che posso affrontare senza difficoltà e che anzi, la posso vivere in equilibrio. Ho ritrovato conferma che amo il mio lavoro, amo la cultura e che se potessi dedicare tempo a loro in modo più equilibrato come ho fatto in questo periodo, potrei vivere più felice e spiritualmente beneficiarne ancor di più. Seguendo il consiglio di Socrate, ho curato la mia anima ed effettivamente ne ho beneficiato. Ora speriamo che il nuovo mondo esteriore ci dia l’opportunità di mettere a frutto ciò che abbiamo imparato e che sia in accordo con il nostro mondo interiore.

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